L'altro De Gregori.
"Angeli&Fantasmi" è l'album di Luigi Grechi, il fratello del cantautore, che fino a oggi ha scritto e cantato usando il nome della madre. "È stato Francesco a dirmi di usare il nostro cognome. Da giovane volevo differenziarmi, adesso non ne ho più bisogno"
ROMA - Luigi Grechi torna con un nuovo album. Uno dei pochi, sparsi, bellissimi lavori che ha realizzato nel corso di un'avventura musicale lunga e affascinante, semplice e riservata, fatta di canzoni scritte con amore e sentimento. Il nuovo album si intitola Angeli&Fantasmi e, per la prima volta, porta la sua firma per intero, Luigi "Grechi" De Gregori.
Si, perché Luigi è il fratello maggiore di Francesco, quello che per primo in famiglia ha imbracciato una chitarra e ha iniziato a scrivere e cantare, spinto da un amore profondissimo per i folksinger americani, per il country e il blues, per l'arte del raccontare storie (lo "storytelling" direbbero gli americanisti). Per anni ha messo la sua parentela in subordine, ha cancellato il suo vero cognome in favore di quello della madre, Grechi, per non essere visto e ascoltato in maniera sbagliata. E per anni ha continuato a scrivere e cantare, in piazze, club, teatri, portando in giro le sue canzoni, quelle diventate celebri anche per l'interpretazione del fratello, come Il bandito e il campione e le molte che ha fatto vivere e crescere da solo. Oggi alcune di quelle canzoni vivono una nuova vita in Angeli&Fantasmi, accanto a un pugno di canzoni nuove, che offrono uno splendido ritratto di quello che Luigi, un tempo Grechi e oggi De Gregori, riesce a offrire.
Come mai, oggi, dopo tanto tempo, la riconquista del suo vero cognome?
"Devo dire che è stato Francesco a suggerirmelo per primo. 'Sarebbe ora', mi ha detto. E aveva ragione. A questo punto non avevo nessuna remora, nessun buon motivo per non farlo. Da giovane avevo l'esigenza di differenziarmi, preferivo evitare di proclamare questa fratellanza, adesso ormai sono anziano, non ho più bisogno, e così attenuo anche il fatto di essere Luigi Grechi 'il fratello'".
Certo, è anche il segno che in tanti anni le cose sono cambiate...
"È cambiato tutto ma non perché io scrivo canzoni, tutti cambiamo, il Grechi di venti anni fa non è quello di oggi, sono molto più disilluso, per certi versi più cinico, ma non ho fatto un dietro front. Per certe cose mi sono indurito, per altre sono sicuramente diventato più morbido".
La canzone che chiude l'album è la bellissima Quello che mi resta, di Stefano Rosso. Cosa le resta dopo tutto?
"La musica. È difficile immaginare me stesso senza la musica, è la mia vita, c'è poco da fare. È vero che la canzone di Stefano l'ho scelta perché mi ci potevo calare dentro con sincerità".
Angeli&Fantasmi è figlio della sua autoproduzione. Anche questo è un segno dei tempi cambiati?
"A dire il vero con l'autoproduzione ho cominciato ad averci a che fare nel 1990, con Azzardo dove c'era Il bandito e il campione, che tutti rifiutarono. Avevo cominciato allora e l'ho fatto di nuovo in tempi recenti, con Campione senza valore nel 2005 e Ruggine nel 2007. Sostanzialmente sono io che non interesso alle major, ovviamente, senza astio, non siamo compatibili".
Qualche anno fa l'industria discografica dava spazio a molte cose diverse, oggi non è più così...
"Il perché andrebbe chiesto a loro. L'Italia purtroppo è peggiorata per molti aspetti, diciamo che tutta l'industria ha ridotto di molto i propri margini e quindi non lavora su artisti 'minori' come me. Ma l'essere stato prodotto da una major per alcuni anni non mi ha dato dei vantaggi così grossi, alla fine c'è tutto un giro per cui ho venduto lo stesso numero di dischi da solo con le cose autoprodotte. Non la considero una perdita, insomma, sono autoprodotto ma non autodistribuito, magari non faccio cose non mirabolanti, ma nei miei limiti, per quello che mi interessa, le cose vanno bene così".
E adesso, come ha sempre fatto, si parte e si va "on the road" a cantare.
"Si, farò qualche presentazione, porterò come sempre in giro le mie canzoni. In fondo, per uno come me il motivo ultimo non è quello di vendere dischi ma quello di suonare. Fare un disco serve a mettere un punto fermo, a far un muovere le acque attorno a me e permettermi di calcare i palchi. Il futuro per chi fa musica credo sia soprattutto questo".
Fonte: Repubblica.it